
La consultazione psichiatrica
In alcune situazioni, in cui il disagio portato dal paziente si manifesta in modo grave e pervasivo, quando questo interferisce sul funzionamento affettivo, sociale e lavorativo, quando la natura del sintomo appare incomprensibile, o quando è necessario delineare un programma di trattamento specifico e adeguato al problema, risulta utile ricorrere a una valutazione psichiatrica.
La valutazione avviene attraverso il colloquio clinico che tramite la raccolta di informazioni sulla storia personale, familiare e la descrizione del sintomo (anamnesi familiare e psicopatologica), permette la formulazione di una diagnosi, ossia l’identificazione del disturbo di cui soffre il paziente.
Solitamente uno e due colloqui sono sufficienti, alcune volte invece può essere necessario rivedere il paziente in diverse occasioni, magari somministrando test diagnostici o scale di valutazione, fino a esami di laboratorio per discriminare la natura organica (cause mediche) da quella funzionale (cause psicologiche).
La diagnosi non è né un’etichetta stigmatizzante, né una perdita di tempo, bensì uno strumento che attiva il percorso di cura più adeguato attraverso protocolli specifici (basati sull’evidenza di efficacia tramite prove scientifiche, “Evidence based Medicine”).
Ciò risulta rassicurante sia per lo specialista che ha un’indicazione di “come muoversi” per la cura, sia per il paziente che vede il disturbo come un fenomeno circoscritto, ben conosciuto e curabile. Dopo aver formulato una diagnosi, aver stabilito e intrapreso un percorso di cura, è utile il monitoraggio nel tempo (follow up) che permette l’osservazione dell’evoluzione dei sintomi e la modificazione e trasformazione del quadro clinico.
Possono essere necessari colloqui a cadenza mensile, o bi-mensile a seconda della gravità dei sintomi.