Come trasformare la paura del fallimento in opportunità di crescita
Nel suo famoso discorso ai laureandi della Stanford University, nel giugno del 2005, Steve Jobs concluse dicendo: “Stay hungry. Stay foolish” (Siate affamati. Siate folli), motivando i neolaureati a investire le loro energie sulla curiosità, sulla creatività e sul cambiamento, uscendo dagli schemi.
[La citazione, spiegherà lui stesso, deriva da uno slogan che lesse nella rivista The Whole Earth Catalog, pubblicata tra il 1968 e il 1972]
Tuttavia, la paura di non riuscire a raggiungere gli obiettivi è spesso di ostacolo alla nostra realizzazione personale. Il timore del fallimento, infatti, porta ad accontentarsi e a restare fermi in una zona di comfort dove nulla cambia, ci si sente al sicuro e si cerca solo di sopravvivere.
Chi teme di fallire solitamente è riluttante a provare cose nuove poiché il cambiamento è percepito come sinonimo di sconvolgimento, dunque estremamente destabilizzante. In realtà è solo grazie al cambiamento che si comincia a vivere la propria vita, riuscendo a smettere di accontentarsi.
Paura del fallimento: cause
Le persone, di solito, associano il fallimento a pensieri negativi, idee giudicanti e svalutanti. Dal momento che i pensieri determinano il significato che viene conferito all’esperienza, chi ha paura di fallire in realtà è terrorizzato dall’idea di sentirsi un perdente. Solitamente, questa paura può avere diverse cause come esperienze traumatiche pregresse o un’infanzia “segnata” da genitori ipercritici.
Ogni emozione è collegata a un bisogno e l’essere umano vive di bisogni, basti pensare alla sete o alla fame. Il bisogno può sia muoverci che bloccarci. L’emozione della paura, e in questo caso della paura del fallimento, è spesso legata al bisogno di non percepirsi come falliti.
Ricordiamoci, però, che i pensieri non sono verità assolute e per questo è opportuno metterli alla prova in modo da abbracciare sempre punti di vista differenti.
Paura di fallire: l’importanza del cambiamento
Cambiando i nostri pensieri riusciremo anche a cambiare la qualità della nostra vita. Ci libereremo dall’ansia della performance entrando in una logica in cui viene preferita la qualità alla quantità. La qualità risponde alla logica del senso, del come una cosa viene fatta. La quantità, invece, risponde a una logica numerica che porta al giudizio.
Thomas Edison, l’inventore della lampadina, fu ritirato da scuola dai suoi genitori dopo che la sua insegnante riferì loro che fosse “troppo stupido per imparare qualsiasi cosa”. Successivamente, con l’intento di creare la lampadina e dopo svariati tentativi, affermò: “Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 modi che non hanno funzionato”.
Perché, dunque, Edison decise di non arrendersi e di non abbandonare il suo progetto? Perché non si identificò con il fallimento. Riuscì a comprendere che c’era qualcosa che non funzionava nel metodo piuttosto che in se stesso.
Brené Brown, ricercatrice di fama internazionale, nel suo libro La forza della fragilità, dichiara: “Ciò che comprendiamo e impariamo sulla rinascita dopo un fallimento sono solo chiacchiere finché non lo viviamo e non lo facciamo diventare parte di noi, integrandolo mediante una forma di creatività… L’atto creativo consiste nel prestare attenzione alle proprie esperienze e nel trovare collegamenti tra esse, in modo da imparare qualcosa di più su se stessi e sul mondo…. La nostra completezza e la nostra pienezza, in realtà, dipendono dall’integrazione di tutte le nostre esperienze, insuccessi compresi”.
Solo accogliendo il fallimento riusciremo a riguardare alla nostra fragilità come un’opportunità da cui far scaturire innovazione e cambiamento.
Stay hungry. Stay foolish.
Psicologa – Psicoterapeuta